Alpinista d'acqua dolce


Nato a Udine nel 1970, laureato in Economia Aziendale all'Università di Venezia. Folgorato alla "tarda" età di 27 anni dalla scoperta della montagna, aveva recuperato in pochi anni con passione malsana e totalizzante il tempo perduto. In quindici anni di attività è passato dall'escursionismo all'alpinismo, effettuando oltre 1.000 salite di varie difficoltà. Aveva al suo attivo due vie nuove e due prime invernali ed amava definirsi un "alpinista esplorativo" perché si perdeva spesso...

Di professione bancario, nel 2008 ha pubblicato per i tipi di CDA&Vivalda "Non si torna indietro – La storia di Ernesto Lomasti" con cui ha vinto il premio letterario "Le Alpi Venete" 2008.
Nel 2010 ha pubblicato "Alpinista d'acqua dolce" per i tipi di Eurograf – Tarvisio per il quale si è aggiudicato il premio letterario "Francesco Marcolin" 2011 della Sezione di Padova del CAI.
Collaborava con alcune riviste di settore tra cui Le Alpi Venete (rassegna semestrale delle sezioni trivenete del CAI) ed In Alto (annuario della Società Alpina Friulana).

Dal 2010 era Socio Accademico del G.I.S.M. (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna).

Nel solo 2011 ha compiuto le invernali alla Via Kugy sui pilastri S dello Jof di Montasio (Alpi Giulie), alla ferrata di Punta Anna e Tofana di Mezzo (Dolomiti) ed alla via dell'Okno al Prisojnik (Giulie Slovene); la parete N del Cristallo (Dolomiti) lungo il Canalone Innerkofler, la Torre del Diavolo (Dolomiti), entrambe in condizioni invernali; la Cengia degli Dei integrale e in giornata sullo Jof Fuart (Alpi Giulie); le pareti N del Gran Paradiso e del Ciarforon; la traversata del Cervino.

E' mancato il 25 aprile 2013, giorno del suo 43° compleanno, durante la discesa dalla cima alta delle Vergini nel gruppo dello Jof Fuart.

Oltre ai numerosi riconoscimenti ricevuti in precedenza, il suo lavoro di divulgazione gli è valso anche un premio alla memoria.

Sul link ascensioni l'elenco completo delle sue salite.

Ritratti

Walter Cabas, Il Grande Vecchio. Un personaggio più mitologico che reale: la sua prima apparizione documentata in montagna risale al 218 a.c. anno in cui valicò le Alpi in groppa ad un elefante in qualità di Referente Alpino di Annibale; dai documenti analizzati all'epoca risultava già maturo. Nonostante non vanti un'altezza da corazziere compensa la gamba corta con un invidiabile passo spedito che nemmeno un cigolante zaino da quaranta chili riesce a smorzare. All'interno trova pianta stabile una macchina fotografica con i relativi obiettivi con cui si delizia a fotografare ogni cosa incontri sulla sua strada, dagli alberi ai funghi marci, ai panorami di vetta. Le sequenze casuali di questi ultimi terranno impegnato l'Autore nel corso delle serate successive alla salita nel tentativo improbo di riunirle in un ordine sensato. Scarpone grosso e cervello fino, è inarrivabile per umorismo e benvoluto da tutti. Non ha mai fame, sete o freddo. Non è mai stanco. Fuori dall'ambito alpino rincorre da anni l'autore nelle sue ascensioni ciclistiche, sfidando l'infarto e gli imprevisti (come quella volta in cui gli si sfilò fantozzianamente la sella della bicicletta ed affrontò una lunga discesa con il terrore negli occhi…). Con l'Autore ha condiviso oltre trecento ascensioni dal 1998: che pa…zienza! Motto (suo): "Piano e bene" con cui risponde al "Vittoria o morte!" dell'Autore. Motto (degli altri): "Chi più vecchio di Walter?"
Remigio Stefenatti, il Maestro. Dotato di un raro equilibrio tra forma fisica, eccellenti doti alpinistiche naturali, modestia, curiosità ed entusiasmo, si muove con innata disinvoltura su ogni terreno ed in ogni stagione. Scala la Comici alla Grande di Lavaredo con lo stesso impegno con cui l'Autore sale le scale di casa. La sua variante sul canalino del Tamer Grande (ghiaccio vivo a 75° con a fianco il facile canalone innevato della normale) è tutt'ora memorabile (almeno per l'Autore che ha dovuto seguirlo). Non ha mai fame o sete e soffre un po' il freddo. Sud della Marmolada e Nord del Pelmo oltre ad una manciata di vie nuove sono alcuni esempi del suo alpinismo; parla poco di quello che ha fatto perché è sempre concentrato sulla salita più bella: la prossima.




Marco Gardel, il Salvadi. Frequentato dall'Autore sin da quando questi era teenager a causa della nefasta vicinanza delle abitazioni ha primeggiato in tutte le attività sportive in cui si sia cimentato. Da lui l'Autore ha preso il malsano vizio della bicicletta che tuttora non lo ha ancora abbandonato e gli è stato gregario per una manciata di anni in cui hanno consumato copertoni sulle salite di casa ed, in trasferta, su quelle del Giro. Memorabili le rasoiate che gli hanno dato il soprannome: dopo una salita sopra le righe dell'Autore "Come sei andato? Senza infamia e senza lode. Come sempre." e dopo una giornata in montagna caratterizzata da pioggia e neve a cui non aveva partecipato "Vi meritate tutti i reumatismi che vi verranno…". Dispiaciuto per la brutta fine professionale dell'Autore, da anni lo esorta a cambiare mestiere: "Cercati un lavoro onesto, non puoi sempre vivere di espedienti". Ha salito decine di vie, in estate ed in inverno, ma se le è quasi tutte dimenticate perché, nonostante le pessima memoria, non scrive e non fotografa. Non ha mai sete ma soffre un po' la fame ed il freddo da cui si protegge con il berretto di Gagarin (vedi foto).


Fabio Gallignani, il Mariacher del Frico. Dirigente d'azienda per professione, gourmet e sommelier per indole, rocciatore per passione. Conosciuto dall'Autore durante il corso roccia della SAF nel 2000, i due si sono subito legati assieme alla stessa corda salendo oltre cento vie di roccia in una decina d'anni. Conosce la guida "Alpi Giulie" di Gino Buscaini (Collana Guida ai Monti d'Italia) letteralmente a memoria ed è in grado, a richiesta, di citarne i versi. Per l'argomento trattorie/ristoranti/osterie vanta lo stesso livello di conoscenza (se non di più). Non soffre il freddo (ma non lo va a cercare), la sete (e quelle poche volte beve l'acqua degli altri per risparmiare sul peso del suo zaino) e la fame (durante la salita s'intende; poi recupera). Motto (per gli avvicinamenti): "Laddove vi è una seggiovia non vi è più il sentiero".




Silvano Forgiarini, il Trattorino. Quando innesta le marce basse, anche a pieno carico, è inarrestabile. In inverno o in alta quota viene solitamente mandato avanti a battere la pista. Con un trascorso di parà, parapendista e maratoneta da nemmeno due anni si è votato all'alpinismo con entusiasmo e mezzi, bruciando le tappe e sorprendendo per intuito e caparbietà persino se stesso. Ha già al suo attivo una spedizione alpinistica extraeuropea culminata nei 6.893 metri dell'Ojos del Salado, seconda cima più alta del Sud America dopo l`Aconcagua, nel nord del Cile, in compagnia di Giuseppe Pompili.






Paolo Capisani, lo scialpinista patologico. Vive sulle lamine: l'estate è un oscuro e troppo lungo intermezzo tra lo scioglimento primaverile delle nevi e le nuove precipitazioni tardo autunnali. Durante questo triste periodo si sottopone a lunghi avvicinamenti ed a salite su roccia per scacciare la malinconia. Si lamenta sempre di non essere abbastanza in forma, ma macina molto più dislivello di quanto voglia far credere, anche a se stesso.